Incontri coi popoli

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Incontri coi popoli

Russia 2012 - l'inverno di S.Pietroburgo

4.370 Km in 4 giorni, 8,25 ore di viaggio fra 8 stati e 3 fusi orari
(clicca sulla cartina per ingrandire)



inverno russo in foto   (clicca qui)



“Non c’è cosa più bella del Corso Nevà, almeno a Pietroburgo: per essa è tutto. Di che non rifulge la strada-regina della nostra metropoli? So per certo che neppure uno di questi incolori e burocratici abitanti darebbe il Corso Nevà per quanto oro vi è al mondo (…) E le signore! Oh, il Corso Nevà per le signore è ancora più delizioso. E per chi mai non è delizioso? Ci metti piede e già senti profumo di passeggiata. Potresti avere impegni inderogabili; ci metti piede e gli impegni svaporano dal cervello. E’ l’unico luogo dove la gente non si rechi per bisogno, non vi sia spinta da necessità, nè da quell’affarismo mercantilesco di cui è imbevuta l’intera Pietroburgo…. “ (N. Gogol’, “Il Corso Nevà”).




La partenza del micro viaggio invernale inizia da casa nostra il giorno 21 dicembre verso le 17.00. Dopo il pieno di gasolio, puntiamo in direzione aeroporto di Venezia, più precisamente a Tessera, dove il “nostro” albergo ci sta aspettando. L’hotel (anzi, un Resort, posizionato in via Triestina, praticamente a due passi dall’aeroporto) al nostro arrivo si presenta molto bene; arriviamo che è già buio, e il freddo, unito all’umidità, attecchisce nelle nostre ossa. Il buio sarà nostro compagno in tutto il viaggio. Sbrigate le solite pratiche burocratiche, ci consegnano la chiave della suite. Wow, che lusso, ci piace eccome! Sembra iniziare bene questo viaggio! Ceniamo al buffet del Resort. Sono le feste, facciamoci del male: due hamburger con pancetta e patatine allietano i nostri palati, il tutto accompagnato da due boccali di Beck’s. Dato che il fusto di birra non è freddo, chiediamo all’addetta al buffet di portarci del ghiaccio, un tanto anche per acclimatarci per l’indomani… La ragazza ci guarda tracannare birra e ghiaccio con un misto di stupore e perplessità, tanto da confidarci di non averlo mai visto fare da nessun italiano! Perché, siamo italiani noi? Eheheh….
La troviamo subito molto simpatica e disponibile al dialogo. Si chiama Margareth, è della zona, le chiacchiere scivolano via tra indirizzi di buone birrerie, personaggi che vanno e vengono in questi posti, i viaggi. Le birre diventeranno quattro nel frattempo, sempre rigorosamente ghiacciate. Scopriamo così, proseguendo nei discorsi, che anche lei ha viaggiato parecchio. Ci parla dei posti visitati e della gente incontrata, delle sue esperienze in luoghi esotici, di quanto tempo è rimasta all’estero, anche per cercare fortuna assieme al fidanzato. Noi le raccontiamo dei nostri viaggi, della passione per l’Est, per la Russia, per l’inverno, tra viaggiatori c’è subito intesa. Ci scambiamo le mail con la promessa di scriverci appena torniamo.
Il mattino dopo siamo in aeroporto di buon ora. Alle 08.50 del 22.12.12, l’aereo accende i motori e inizia a muoversi, e alle 08.55 puntuali decolliamo da Venezia alla volta di Monaco di Baviera. Sarà un volo della durata di poco più di un’ora. Una leggera turbolenza ci troverà impreparati mentre degustiamo una bibita sopra le Alpi. Quanto è bello il mondo dall’alto! Questo sarebbe un modo geniale per imparare la geografia! Laura mi passa la piccola macchina fotografica perché possa scattare qualche foto delle Alpi. Quattro scatti e poi si blocca. Perché?!? Laura, con un misto di sconcerto e costernazione, si accorge di aver lasciato a casa l’adattatore per la scheda di memoria…
Il viaggio si rivela rilassante, sempre col sole e sopra le nuvole. Atterraggio al Franz Josef Strauss di Monaco alle 09.50, con addirittura 10 minuti di anticipo sull’orario previsto. Pioviggina leggermente, ma non fa freddo. Trasferimento rapido con la corriera dalla pista verso il terminal 2, dove fra poco più di un’ora partirà il nostro prossimo volo. Ci sentiamo dei cialtroni sbarcati dal Terzo mondo, di fronte all’immediata chiarezza, intuitività e funzionalità dell’aeroporto tedesco. Pur non essendo dei poliglotti, non abbiamo nessuna difficoltà a muoverci all’interno di questa struttura enorme, pulita, ordinata, chiaramente progettata da mentalità superiori… E soprattutto, nonostante l’enorme massa di persone che brulicano all’interno, di una grande tranquillità. In attesa del prossimo imbarco, giriamo tra i negozi alla ricerca di un adattatore per la scheda di memoria della piccola fotocamera Sony. Niente da fare. Far foto in Russia evidentemente non ci deve portare troppo bene. Alle 10.45, altro imbarco su un aereo leggermente più largo, ma nulla a che vedere con quello che ricordavo quando sono stato in Canada. Questo assomiglia a quello di prima, forse un pochino più lungo e con una fila di poltroncine per lato in più. Porta 150 passeggeri più l’equipaggio. La teutonica precisione e affidabilità viene leggermente incrinata dalla partenza ritardata di 25 minuti; il volo però si rivela, nonostante le turbolenze e l’agghiacciante pranzo offerto dalla compagnia aerea, comunque piacevole nelle sue quasi tre ore di durata. I nostri compagni di viaggio sono quasi tutti russi emigrati in Germania che tornano a casa per le feste. Ce ne accorgiamo non solo perché la maggior parte di loro parla russo, ma anche perché siamo solamente noi, e qualche sporadico turista tedesco, a dover compilare la carta di immigrazione. Sorvoliamo Praga, poi la Polonia con Poznan, Elblag, l’enclave russa di Kaliningrad, e ancora la Lituania, sfioriamo Riga in Lettonia, oltrepassiamo l’Estonia lasciando Tartu alla nostra sinistra e il gran lago dei Ciudi, condiviso a metà fra Estonia e Russia, posti che purtroppo non riusciamo ad intravedere vista l’altitudine del nostro aereo e dalla massa compatta di nuvole sotto di noi.
Atterriamo all’aeroporto di San Pietroburgo di Pulkovo 2, puntuali alle 17.00 ora locale. Sinceramente non ho mai capito come si fa partire con quasi mezz’ora di ritardo e arrivare puntuali su un volo lungo quasi tre ore, probabilmente il pilota avrà tagliato le curve, o preso una scorciatoia! In fase di atterraggio, riesco a scorgere della neve che brilla al sole sulle campagne circostanti, e non poca! Buon segno. Sembra di rivivere la scena dell’arrivo di Rocky IV quando atterra in terra russa. Usciamo dall’aereo e veniamo presi a schiaffi dall’aria ghiacciata, abbondantemente sotto lo zero. Sfiliamo tutti davanti ad un poliziotto con colbacco. Finalmente, ci siamo!
Sbrigate le solite procedure doganali, i controlli dei documenti, ritirata la valigia, troviamo il nostro contatto locale con tanto di cartello indicante i nostri nomi, che ci farà uscire dall’aeroporto dove troveremo l’autista ad aspettarci con la macchina privata. Appena varcata l’uscita dalle porte scorrevoli, rieccoci nuovamente bastonati dal gran freddo. Ci stava aspettando, e noi aspettavamo lui, finalmente! Il freddo tanto sognato e immaginato, proprio quello che volevamo provare direttamente sulla nostra pelle. Dai +25°C che ci hanno cullato a bordo, passiamo di colpo ai -13°C. L’aeroporto è situato a sud della città. Imbocchiamo la Vnukovskaya ulitsa e dopo aver superato diverse sopraelevate, per noi gigantesche, ci troviamo sulla Pulkovskoye shosse, una strada molto grande e dritta che, dopo circa 3,5 chilometri, ci porterà direttamente in una piazza enorme, di forma ovale, la Ploščad’ Pobedy, costruita dopo la Seconda guerra mondiale per ricordare l’immane tributo in vite umane, e la lotta di tutti i cittadini a difesa della loro città durante lo straziante assedio di 900 giorni da parte dell’esercito tedesco. Proseguiamo sulla Moskovskij prospekt, e dopo circa cinque chilometri, altra piazza ovale, la Ploščad’ Moskovskije Vorot, con un arco trionfale, un monumento costruito principalmente in ghisa attorno al 1830 in memoria della vittoria russa nella guerra russo turca di qualche anno prima. Continuiamo su questo stradone dritto come una spada, supereremo quattro ponti, per i rispettivi bracci del fiume Neva, sino ad arrivare davanti al nostro albergo, sfiniti di stanchezza, ma con gli occhi scintillanti di nuove emozioni. Da fuori, il nostro albergo è molto elegante, una costruzione ottocentesca riciclatasi in hotel 4 stelle e strategicamente situato vicino alle maggiori attrazioni: in 10 minuti a piedi si è in pieno centro. Tempo di prendere la chiave della camera, poggiare a terra la valigia, darci una rinfrescatina veloce, che siamo già a passeggiare in città. Nonostante il cielo già buio, è molto luminosa, intrigante con le sue luminarie natalizie accese, anche se i -13°C si sentono eccome. La neve caduta nei giorni precedenti si presenta sporca e ammucchiata ai bordi dei marciapiedi. Grosse placche di ghiaccio, lisce, convesse e grigie come marmo, occhieggiano sui marciapiedi, rendendoli insidiosi. Nei giardinetti invece, il manto è quasi immacolato. Gli scoli delle grondaie, sopra i marciapiedi, sono tutti congelati abbondantemente e donano un effetto suggestivo nella serata al chiaror dei lampioni. Di inverni freddi e nevosi ne abbiamo visti parecchi dalle nostre parti, però con questa temperatura e con queste fantasmagorie di ghiaccio mai, e ci entusiasmiamo come bambini alla vista di qualsiasi formazione ghiacciata. Dopo aver fatto una breve ma piacevole passeggiata e dopo aver provato l’effetto del freddo sulla nostra pelle, in particolare su naso e gambe, decidiamo che è ora di cenare. Troviamo un locale suggestivo “La via dell’ulivo”, un locale sicuramente di tendenza, e quella sera, causa compleanno di un cliente, veniva proposto un ballo con ballerine seminude e danza del ventre. Anche gli occhi hanno bisogno di nutrimento. Tipica cena russa “leggera” (si fa per dire), con soljanka, šašlik e ben quattro birre, allieteranno e scalderanno il nostro corpo. Prima di tornar in albergo, foto di rito nei giardini imbiancati (sono ghiacciate pure le panchine, invece di fontane d’acqua qui si usano fontane di luminarie, e l’effetto è lo stesso), e mini giretto per il centro.

Domenica 23: Appuntamento stamattina alle ore 09.00 con la nostra guida, per la prima escursione in programma, cioè il Palazzo di Caterina che si trova a circa 25 chilometri a sud di SPB, in una cittadina di nome Puškin, meglio conosciuta dai residenti col nome russo di Tsarskoje Selo, che significa Villaggio dello Zar. Si tratta di una ex residenza estiva che risale alla metà del ‘700. Famosa, oltre a tutto il resto, per una stanza denominata “La sala d’ambra”. Non vediamo l’ora di partire! Puntuali all’appuntamento nella hall, incontriamo l’autista di ieri, e la nostra guida, la Sig.ra Galina. Presentazioni di rito, e pronti alla partenza. Varcata la porta d’ingresso dell’albergo, facciamo la nostra prima scoperta. Oltre ad un freddo, ancora più intenso di ieri, c’è una luce strana, anzi, sarebbe meglio dire che la luce proprio non c’è. Non c’è il sole! Increduli, ricontrolliamo i nostri orologi, ed in effetti l’ora dell’appuntamento è giusta, ma, fuori, invece della luce delle 09.00, troviamo il buio delle 23.00! Il sole sorgerà, vedremo più avanti, quasi tre quarti d’ora dopo con un rossore mai visto prima e che ci scalderà (metaforicamente) un po’ gli animi. Ripresi da questo inaspettato e piacevole shock, entriamo in macchina e ci facciamo scorazzare sulla ormai ben nota Moskovskij prospekt, che poi diventa Pulkovskoje šhosse appena superata la Piazza degli Eroi. Deviamo sulla Peterburgskoje šhosse che ci porta direttamente a destino. La guida nel frattempo ci racconta com’è nata la città, chi l’ha voluta e del perché della sua maestosità comunque tanto diversa da Mosca. Ci racconta il perché delle vie così incredibilmente dritte e lunghe (le prospekt), la storia di certi palazzi importanti, insomma ci illustra com’era la vita qui dal 1700 in poi. A S. Pietroburgo, che una volta si chiamava Leningrado, e prima ancora Pietrogrado, e prima ancora Pietroburgo (oggi, per brevità, i locali la chiamano “Piter”), non c’è quella “pesantezza” architettonica tipica del periodo leniniano, staliniano, khruscioviano e brežneviano (ogni capo del PCUS ha voluto dire la sua in fatto di architettura cittadina); poco cemento e vetro, invece tanta pietra e forme leggere, rococò, barocche, neoclassiche, eclettiche, che danno l’impressione di una capitale nord-europea piuttosto che russa. E ovunque si respira un’aria “culturale”, cosa che ormai manca sempre più spesso da noi. L’autista col colbacco, nel frattempo, non conoscendo una parola di italiano, rimane solo in ascolto; ogni tanto, la sua guida un po’ “sovietica” mi fa star in pena in qualche frenata troppo brusca.
L’entrata alla residenza si annuncia con una maestosa Porta egiziana, una sorta di sciccheria dell’epoca. Parcheggiamo in Srednjaja ulitsa, dove l’auto ci verrà a riprendere più tardi. Mentre scendiamo dalla macchina, percorriamo la piccola via delle bancarelle, tutte ordinate solo sulla nostra destra, ma stranamente quasi tutte chiuse stamani. Sono le 10.00 e, finalmente, albeggia…
Arrivati davanti al palazzo, lungo oltre 300 metri, cominciamo a prender confidenza con questo freddo così diverso dal nostro, pungente per l’umidità ma (fortunatamente) senza vento. Siamo incantati di fronte a tanta struggente bellezza e vorremmo vagare ancora un po’ nel parco per goderci lo spettacolo dell’alba sul Palazzo ed osservare la neve che passa dal blu all’arancio, al rosa… Galina rabbrividisce nel suo trapuntino, noi siamo vestiti come cipolle e solo Laura teme per le sue dita, incautamente senza guanti per scattare le fotografie. Ancora qualche minuto senza protezione, e avrebbe perso il mignolo, mi confiderà poi!
Momentaneamente, siamo i soli turisti. Forse è troppo presto ancora. Camminiamo sulla stradina innevata, il manto bianco copre ogni cosa all’interno del parco. Ad ogni passo sentiamo lo sfrigolio della neve secca sotto le nostre suole. Abbiamo fatto bene a portarci delle solette di vero feltro: il migliore isolante per freddi del genere! Ci colpiscono molto le cupole dorate illuminate dai riflettori, in questo cielo blu notte. Non so esprimere al meglio quella sensazione avuta mentre ammiravo in tutta la sua lunghezza la facciata del palazzo. Il colore azzurro, con le finestre bordate di bianco, i fregi d’oro, e cumuli di neve tutto attorno, non può essere che lo scenario di una fiaba russa vivente. Laura è rapita da tanto incanto e scatta a raffica, immortalando le prime luci di un’alba tanto intensa che lotta per scacciare un buio pesto.
Entriamo, e mentre siamo nel guardaroba del museo, la guida e la guardarobiera parlottano un po’ e così veniamo a scoprire che il freddo di oggi è davvero eccezionale. La corpulenta guardarobiera dice che stamattina, quando è uscita di casa, il suo termometro segnava -25°C! Galina aggiunge che era almeno da vent’anni che non faceva tanto freddo a S. Pietroburgo! Noi ce ne rallegriamo, il nostro minimo finora mai raggiunto. Un record da aggiungere assieme a tanti altri. Volevamo conoscere personalmente Nonno Gelo? Eccoci accontentati! La Russia non deve portare troppa fortuna a mia moglie: dopo aver dimenticato a casa l’adattatore per la scheda della piccola Sony, che quindi risulta inutilizzabile, al tornello d’ingresso ai saloni le si sfila la cinghietta della tracolla della Nikon, che cade rovinosamente a terra. Fortunatamente, solo il paraluce e il polarizzatore si danneggeranno un po’. In quel momento, abbiamo rivissuto il dramma che ci capitò quattro anni fa, speriamo che il finale risulti decisamente diverso stavolta. Comunque, la visita riprende regolarmente così come le foto. Una curiosità: giustamente, prima di entrare nelle sale vere e proprie, ci faranno indossare le sovrascarpe in nylon per non sporcare e inzuppare i pavimenti.
Se la residenza vista dall’esterno è affascinante, l’interno è meraviglioso e gigantesco. Si inizia dallo scalone di gala, che condurrà alle sale di rappresentanza del primo piano. Scalone di marmo bianchissimo, come bianche sono le pareti e gli stucchi, con tocchi d’oro zecchino in quantità ad impreziosire i fregi rococò. Ci cade l’occhio su un barometro a parete, la lancetta posizionata sul “variabile”; ma il nostro sguardo attento è catturato da una parola a noi molto familiare e, pur essendo scritta in cirillico, il suo significato è inequivocabile: “Bura”, cioè tempesta. Informiamo Galina che da noi a Trieste c’è un vento fortissimo che spira da est-nord-est e che si chiama “Bora”… quante analogie! Proseguendo, incontriamo su un pianerottolo un tenerissimo puttino in marmo, adagiato in una conchiglia, nell’atto di svegliarsi: Galina ci fa notare che il puttino, posizionato di fronte ad una porta finestra, è rivolto ad est… in direzione del sole nascente. L’intero complesso è sistemato secondo i punti cardinali; infatti, nell’ala ovest, incontreremo un altro puttino intento a prender sonno, con la sua culla-conchiglia rivolta al sole calante. Quanta poesia…
Arriviamo al Grande Salone di 860 mq! Tutto tappezzato da specchi alle pareti e il Trionfo della Russia dipinto sul soffitto, creato dal nostro architetto Rastrelli. Ogni specchio circondato da lucine, immaginiamo come doveva essere la scena con le candele tremolanti al posto di moderne lampadine. Un sogno imperiale!
Siamo estasiati, non soltanto dall’estrema bellezza e ricchezza di cotanta arte, ma dal fatto che… siamo da soli! Laura ne approfitta per immortalare questo salone completamente vuoto di persone, solo per noi. Nella piena tranquillità, Galina prosegue con i suoi racconti tra storia passata, presente e futura… Vaghiamo di sala in sala, e tutte dai nomi suggestivi, salone del Rastrelli, sala verde del Cameron, la sala da pranzo dei cavalieri, la magnifica e sorprendente Sala d’Ambra, della cui storia sappiamo quasi tutto. Stupefacenti i decori in legno dorato, gli arredi dell’epoca, e le imponenti e splendide stufe in ceramica, tanto belle quanto “inutili”, messe lì soltanto perché decorative e “alla moda”: veniamo a scoprire che il riscaldamento, in pieno ‘700, funzionava ad aria…. Moderni, questi antichi!
La nostra guida è molto ben preparata ed è una gioia ascoltarla mentre espone le sue spiegazioni, in un italiano ricco e strutturato. Giriamo letteralmente incantati tra meravigliosi tappeti, arazzi, quadri, dipinti, statue, sculture, stoviglie, ninnoli, arredi, divani, che Laura immortala con entusiasmo. Verso le 12.00 arriviamo alla famosa Sala d’Ambra, l’unico luogo del palazzo dove è vietato fotografare. Un vero incanto, se pensiamo che l’originale è andato perduto (trafugato, distrutto, venduto, chissà, uno dei tanti misteri Seconda guerra mondiale) ed è stata completamente ricostruita, pezzo dopo pezzo, in trent’anni di lavoro certosino. Il calore dell’ambra baltica sembra trasmettersi all’atmosfera stessa della sala, che quindi sembra più calda delle stanze precedenti e seguenti. Stupefacente bellezza!
Purtroppo le ore corrono veloci e dopo la lunga ed esauriente visita del palazzo, ci concediamo una veloce panoramica nel parco adiacente. Scopriamo che le statue e parecchi alberelli di basso fusto sono tutti riparati da un “sarcofago” in legno o in metallo per proteggerli dal gran freddo, e superare così il lungo inverno. Non riusciamo a vedere molto del parco: un piccolo laghetto e la Galleria Ionica, un capolavoro del Cameron, una sorta di Partenone. Durante la bella stagione, questo parco è meraviglioso, ma ora sembra addormentato dal gelo. Anche l’inverno, però, ha i suoi lati positivi: il freddo e la neve creano merletti incantevoli sulla vegetazione spoglia, rendendo il tutto estremamente suggestivo e, innegabilmente, molto russo.  Il freddo, nonostante siamo imbottiti di vestiario, torna a farsi sentire, e a me in particolare sulle spalle, mentre Laura sembra non battere ciglio. Galina ci fa comunque i complimenti per il nostro essere molto attrezzati per il freddo, decisamente più di lei che invece rabbrividisce nel suo tre quarti, anche se imbottito… Ci confida che i russi, contrariamente a quanto si creda, sono invece dei gran freddolosi, eccezioni a parte logicamente, a causa della mancanza della vitamina D. Sarà, ma crolla un mito! Resta comunque il fatto che, nonostante i disagi, il popolo russo ama l’inverno, e non solo perché grazie al Generale Inverno ha sconfitto sia le armate di Napoleone che quelle di Hitler! Le ore trascorrono piacevoli, ma troppo in fretta. Durante il tragitto verso l’albergo, alle 13.45, finalmente riusciamo a scorgere un termometro che segna – 18° ed una pressione di 1044 hPa! Di solito, in Russia il freddo non fa notizia sui media: quest’anno, invece, è balzato agli onori delle cronache: non solo a SPB, ma la Russia intera è attanagliata nella morsa del gelo: in TV passano stupefacenti immagini di Mosca sommersa dalla neve a – 24°, varie città siberiane precipitate a oltre – 40°, tubature e caloriferi scoppiati, case, scuole e ospedali con la brina all’interno, anche l’Ucraina deve fare i conti con il Generale Inverno tornato in gran forma. Quasi tutto il Paese è sotto la neve e le temperature sono rimaste sotto la media stagionale di almeno 12 gradi; un freddo simile e per così lungo tempo era da circa 80 anni che non si faceva vedere! Laura, da pura amante dell’inverno, è in un brodo di giuggiole…
La prima gita finisce così, col rientro in albergo verso le 14.00. Tempo di rimetterci di nuovo in ordine e siamo di nuovo in strada; siamo talmente contenti di essere qui che non sentiamo nemmeno il freddo che sembra volerci strappare il naso! Un pallido sole velato, simile ad una lampadina smerigliata, rischiara la città, ma senza affatto scaldare. Un sole inutile, verrebbe da dire. Gironzoliamo per le vie cittadine principali. Sono di solito dritte, squadrate, quindi gli incroci sono quasi sempre a 90 gradi, larghe normalmente cinque o sei corsie, più almeno sei metri di marciapiedi per lato, una stima di venticinque-trenta metri di via; il traffico scorre veloce e il frastuono dei pneumatici chiodati sull’asfalto gelido è assordante. Nonostante sia una città che di norma ha 5 milioni di abitanti, e quindi il traffico è consistente, fa talmente tanto freddo che non si sente puzza né di gas di scarico né tantomeno dei fumi delle numerose ciminiere che circondano la periferia. In generale, la neve e il freddo attutiscono i rumori e gli odori. Si nota molta polizia in giro che controlla, di solito si spostano in macchina, e sembrano elevino pure diverse multe a giudicare dalla quantità di auto fermate. I palazzi tutti alla stessa altezza, non alti più di cinque-sei piani. C’è molta “luce” in queste vie, aria. Non c’è l’oppressione che si percepisce a Mosca, e spesso pure in certe nostre strade (però da noi manca lo spazio, che qui abbonda, nonostante la città sia stata fondata sulle paludi). Ci portiamo verso il fiume Neva, che troviamo, ovviamente, completamente ghiacciato. Ghiacciate sono pure le piccole ondine e creste che si sono formate sulla superficie dell’acqua. Nonno gelo si è messo d’impegno per farci trovare uno spettacolo splendido! Che emozione, il nostro primo fiume gelato! Per raggiungerlo, abbiamo oltrepassato la Piazza dell’Ermitage e dell’Ammiragliato. Oltrepassiamo a piedi il ponte levatoio di Dvortsovij most e sbuchiamo sull’isola Vasilevskj. Ovviamente foto di rito! Immortaliamo pure la facciata del Palazzo d’Inverno che dà sul lungo fiume; il più grande e famoso museo del mondo, da questa prospettiva, sembra una veduta del Canaletto. Sarà meta della nostra gita di Natale.
Tornando indietro, decidiamo di cercare una webcam posizionata al n. 47 di Nevskij Prospekt, webcam che guardavamo sempre da casa nostra per controllare se nevicava! Non lo troviamo, forse l’abbiamo superato, e della fermata del bus e dello sportello bancomat che vedevamo sempre lì attorno, nemmeno l’ombra. Perciò torniamo indietro, e casualmente capitiamo davanti alla fabbrica e allo spaccio della birra locale, la Baltika. Che fare, non entriamo? Certo che sì! Una piacevole oretta trascorsa con tre buone birre, tra le quali pure una riserva speciale! Ci rendiamo conto che se si vuole imparare un po’ di russo, S. Pietroburgo non è la città ideale. Ovunque, le insegne dei negozi e le pubblicità sono scritte in caratteri latini e pure in inglese, per non dire poi del personale di bar e ristoranti: tutti ragazzi che parlano un inglese scioltissimo! Le birre sono sempre accompagnate da qualche stuzzichino: piccoli pesciolini secchi e salati, crostini di pane nero, salmone, cetriolini, crocchette di patate fritte al momento, qualche volta perfino caviale rosso. Una buona abitudine che da noi, al di fuori di una ciotola di patatine da sacchetto o una triste cucchiaiata di arachidi, non sembra attecchire….
Ci lasciamo cullare dall’atmosfera molto “trendy” di questo enorme locale storico; le birre aiutano, ma non riescono a scaldarmi a sufficienza, inizio a sentir decisamente freddo, e quindi il rientro è d’obbligo, non prima di aver fatto qualche acquisto e fatto ancora una “vasca” sulla Nevskij; e, come bambini, ci stampiamo letteralmente sulle vetrine della pasticceria Sever, quasi un Paese dei Balocchi, ammirando vere e proprie sculture di cioccolato, e marionette-automi in costumi del Settecento piroettare tra alzate colme di pasticcini e ogni ben di dio; la gran ressa al suo interno, però ci fa desistere dall’entrarci. Rientrati in albergo, ci concediamo una bella doccia calda e un riposino di un’oretta, che ci rimettono velocemente in piedi.  S. Pietroburgo è davvero una città h/24, e locali aperti li trovi a tutte le ore. Per cambiare, ceniamo in un Irish pub (covo di tifosi dello Zenith), con appunto birre irlandesi!! Ahh!! Sacrilegio!
P.S.: Laura dopo la prima pinta di Kilkenny, decide che le birre occidentali non fanno più per il suo palato e ordina subito dopo una Krusovice ceca, decisamente migliore! Durante il rientro in albergo, ci accorgiamo che nevica leggermente. Ma… se c’è la luna in cielo, come è possibile? E le nuvole? Semplicemente, lassù fa talmente tanto freddo che l’umidità notturna congela e cade giù sotto forma di minutissimi fiocchi di neve, come tante stelline. Meraviglioso inverno russo!
P.S.2: Rarissimi i cani, i gatti invece, mai visti. Strano Paese!

Lunedì 24: Oggi in programma abbiamo un giro per la città e la visita della fortezza dei Ss. Pietro e Paolo. Meno freddo di ieri, però ugualmente pizzica, appena ti togli i guanti!
Come d’accordo con la guida, ci ritroviamo alle 10.00 in albergo. Il tour inizia dalla piazza di S.Isacco, dove si possono notare diversi edifici importanti dell’epoca: l’ex palazzo dell’Inturist e l’albergo Astoria, e, di fronte alla cattedrale (tra le più grandi di tutta la Russia) si erge la statua equestre di Nicola I, la cui peculiarità consiste nell’avere due soli punti di appoggio. Più in là, ecco la grandiosa chiesa di S. Isacco, costruita sui ruderi di altre tre chiese abbattute perché ritenute troppo piccole e quindi meno importanti. Data la mania esterofila degli zar, la chiesa è un misto tra la basilica di S. Pietro, il Pantheon e una cattedrale inglese! Galina ci consiglia caldamente di visitarla nel pomeriggio, perché contiene un’infinità di tesori e opere d’arte (purtroppo, non ci riusciremo causa mancanza di tempo). Poi è la volta della cattedrale di S. Nicola, chiesa della quale che ci è stato proibito di fotografare l’interno, ma dove siamo riusciti comunque ad assistere ad un pezzo della messa. Molto toccante. Veloce passaggio davanti al bellissimo teatro Marinskij, poi ancora canali e palazzi famosi oltreché stupendi, come quello dove visse e morì Rasputin. E su di nuovo a nord verso le colonne rostrate dell’isola Vasilevskj, l’apice in cui il fiume Neva di spacca in due. Un ramo si dirigerà verso il mare aperto, e l’altro ramo invece lambirà una parte della città ad ovest. Luogo visto ieri per conto nostro, niente di nuovo perciò. L’autista ci sbarca poco più avanti e da qui visitiamo la famosa fortezza dei Ss. Pietro e Paolo. Il vero nucleo storico della città parte proprio da questo luogo, in quanto fu la primissima costruzione fatta realizzare da Pietro I su questa isola paludosa. Il suo nome attuale è isola delle Lepri, e qui furono costruiti i primi edifici pubblici, una caserma, una cattedrale, una prigione e la zecca, e poi iniziò il grande sviluppo urbanistico della città. Purtroppo la cattedrale è in restauro, sia fuori che dentro, e dai pannelli di compensato svetta soltanto l’altissima guglia dorata, simbolo della città. L’interno è tutto un pesantissimo barocco, e poco comunque riusciamo a capire della struttura perché lo spazio è tutto coperto da ponteggi e impalcature per i restauri. Interessante notare le tombe dei Romanov, quasi tutte in marmo bianco, e contornate agli angoli di aquile imperiali dorate riservate solamente ai membri saliti al trono. Degno di nota è il baldacchino ovviamente in primissima fila, dove lo zar assisteva alle funzioni. Interessante davvero è stato veder all’opera i restauratori mentre doravano a foglia d’oro tutti gli oggetti nell’iconostasi. Prima di uscire, una piacevolissima sorpresa ci aspetta: un gruppo di quattro sacerdoti ci invita in una stanza attigua alla sacrestia per esibirsi davanti a noi, cantando una delle loro laude senza strumenti, unicamente a cappella, come vengono definiti questo tipo di canti molto antichi. Sicuramente ha giocato un ruolo importantissimo la zona dov’eravamo, il clima esterno e la bravura dei cantori. Fatto sta, che alla fine ci hanno lasciato delle belle e profonde emozioni, ed è stato praticamente impossibile non acquistare un loro CD, pagato in euro e con un cambio valute fatto alla perfezione. Incredibile! Da ricordare: all’ingresso del complesso della cittadella, in una piccola costruzione, tra libri e classici souvenir, viene esposta la “bisnonna” di tutte le navi della Marina russa: il vulcanico zar Pietro volle anche imparare a navigare, perciò si fece costruire un piccolo naviglio da usare come “nave scuola” per far pratica sulla Neva.
Usciti dalla chiesa, ci dirigiamo fuori dalla fortezza tramite il ponte Ioannovskij, un vecchio ponte in legno con lampioni decorati con motivi militari. Il mezzogiorno ci viene annunciato addirittura a colpi di cannone. Per la verità solamente uno, e fortunatamente a salve. L’ultima parte della visita giornaliera, è dedicata alla visita un po’ frettolosa e dall’esterno della casetta di Pietro I, costruzione da dove sovrintendeva ai lavori della città; chiediamo a Galina dove possiamo trovare un negozio di souvenir di qualità: detto fatto, ci accompagna al Bazar Folk Art, dove veniamo accolti con un bicchierino di corroborante vodka! Alt! - ci avverte Galina – mai bere senza un brindisi! Detto fatto: e quindi si brinda “all’amicizia tra i popoli!”. Furbastri negozianti: evidentemente, con un po’ di vodka in corpo, si spende meglio…. Negozio veramente da ricordare per la scelta infinita e l’altissimo livello artistico dei pezzi proposti, nonché per la qualità dei capi di abbigliamento. Purtroppo arriva anche il momento di congedare la nostra guida. La ringraziamo molto per l’ottimo lavoro svolto, ci lasciamo sulla Nevskij Prospekt con qualche click, con lo scambio delle mail, e la promessa di risentirci.
Nel primo pomeriggio gironzoliamo ancora in centro; capitiamo in un altro negozietto di souvenir, con le solite matrjoske di tutti i tipi, caricatura di presidenti, personaggi famosi… e poi una matrjoska strana, avveniristica, platinata, con gli occhiali da sole, sembra familiare… la commessa, vedendo la nostra perplessità, si avvicina e, alla nostra domanda su chi fosse il personaggio, ci risponde candidamente in inglese: ma è Lady Gaga no?!....
Dopo la sosta per il pranzo in un’altra birreria, ci dirigiamo verso il metrò, situato proprio sotto ai grandi magazzini Bol’shoij Gostinij Dvor. Credevamo di poter vedere almeno una stazione della metropolitana, purtroppo invece bisogna acquistare il biglietto per la corsa e quindi rinunciamo, anche perché il tempo vola; visitiamo invece i sovrastanti negozi, tutto un sistema di gallerie al coperto al piano stradale e al primo piano; subito siamo avvolti dal calore che si percepisce nelle mani e nella faccia. Siamo nei dintorni dell’Ammiragliato, ed è da quando siamo partiti da casa che Laura non fa che ripetermi che vorrebbe tanto immortalare un bel marinaio “in montura”, cioè con la bella divisa invernale dai bottoni lucenti e colbacco d’ordinanza. E proprio nel Gostinij Dvor ne trova uno, ma… è un futuro cadetto della Marina Militare Russa di forse 10 anni, un po’ goffo nel suo cappottone d’ordinanza dai bottoni lustri, calzoni troppo lunghi e colbacco un po’ sulle ventitré, che con fare serioso e compunto si presta a farsi ritrarre, sotto lo sguardo orgoglioso della mamma! Attorno, parrucchiere al lavoro, così, “all’aperto” nel caotico via vai di persone, e negozietti profumati da 1.000 aromi di tè diversi. All’uscita, altri negozi lungo la galleria; e proprio nella vetrina di un negozio di apparecchi ottici e fotografici, viene esposto un barometro: è la prima volta in vita nostra che vediamo la lancetta della pressione… a fine corsa! Siamo nel regno dell’anticiclone russo-siberiano, enorme massa di alta pressione che regna incontrastata dal Baltico al Pacifico e che segna le sorti di tutti gli inverni europei; la sbalorditiva cifra di 1.047 hPa è lì a confermarcelo!
Passeggiata lungo i canali della Neva, sino ad arrivare davanti alla chiesa del Sangue Versato. Molto simile architettonicamente a San Basilio, a Mosca. Purtroppo non riusciremo a visitarla internamente, e di ciò ci rammaricheremo. Ci accontentiamo di ritrarla da fuori, sfaccettatura dopo sfaccettatura, un delirio di maioliche e miniature. Il freddo fiacca le forze, è ora di cena e cerchiamo un posticino al caldo dove riprenderci. Troviamo un localino etnico (cucina uzbeka, kazaka, ecc) sull’angolo della via Nevskij dove per chiamare il cameriere (ofiziant) si deve premere un bottone fissato al tavolo. Funziona davvero!! In un attimo arriva il ragazzo con due bei bicchieroni di Baltika… amiamo questa città. All’uscita, un leggero nevischio comincia a cadere; spazzaneve e ruspe sono sempre in azione per ripulire strade e marciapiedi. Il lavoro stagionale, a queste latitudini, non manca….

Martedì 25: Giorno del nostro Natale. Oggi tutta la giornata dovremo organizzarcela da soli. Oddio, non sarà difficile visto che in programma abbiamo solo la visita del museo Ermitage, che supponiamo ci porterà via molte ore. Il museo dista meno di dieci minuti di camminata dal nostro albergo, apre alle 10.00, e quindi con tutta calma facciamo colazione. All’esterno nevica abbondantemente, è ancora buio. E forse questo è il più bel regalo che potevamo aspettarci in un luogo come questo. Nella piazza antistante il Palazzo d’Inverno, osserviamo per un attimo lo spazzaneve che in cerchio pulisce la piazza dalla neve fresca: per noi è sempre uno spettacolo!
Ci avviamo verso l’entrata credendo di trovare una ressa di persone, ed invece, inaspettatamente, avremo quasi il museo tutto per noi.
Un cenno storico su questo magnifico palazzo è d’obbligo: nel 1905, il palazzo fu teatro dei massacri della "Domenica di sangue”, e da questa data, la famiglia imperiale scelse di vivere prevalentemente nel Palazzo di Alessandro presso Tsarskoe Selo, ritornando al Palazzo d'Inverno solo in rare occasioni. A seguito della rivoluzione di febbraio del 1917, il palazzo divenne per un breve periodo sede del governo provvisorio russo, retto da Alexander Kerensky. Successivamente, il palazzo venne occupato dalle armate rosse, dando il via alla nascita dello stato sovietico russo. Una delle glorie meno conosciute del palazzo sono le sue cantine che da oltre 300 anni accolgono vini di pregiata qualità. Per i prossimi cinque anni, il nostro Friulano della Fondazione Villa Russiz sarà il vino bianco ufficiale del museo. Attualmente, restaurato, il palazzo è parte del complesso di costruzioni che costituiscono il Museo dell’Ermitage.
Siamo al suo interno, e paghiamo un’eresia in confronto a tanti musei nostrani e molto meno blasonati. Parlare di una visita durata 8 ore e di cosa si è potuto ammirare all’interno di questo magnifico museo, credo sia riduttivo. Sicuramente degno di nota è l’imponente scalone degli Ambasciatori che ti accoglie subito dopo l’entrata e situato al pianterreno. Già basterebbe questo a toglierti il fiato. Al primo piano, abbiamo assistito alle prove musicali dell’Armata Russa, vestiti e armati di tutto punto, probabilmente (come recita una locandina appesa nei saloni) per qualche cerimonia in ricordo della Battaglia di Borodino, dove l’esercito zarista sconfisse Napoleone.
E poi, i giganteschi vasi di malachite, tutte le sale suddivise in epoche e in arte internazionale, così troviamo le sale d’arte dell’Europa occidentale, quelle dedicate alla pittura italiana, alla spagnola, la fiamminga, arte e cultura orientale, ma tante e tante altre. Ci sono un sacco di porcellane, di tappezzerie. Basterebbe solamente dire che l’Ermitage, custodisce tre milioni di pezzi, fra cui sedicimila quadri, dodicimila sculture, seicentomila opere grafiche, etc.. La parte museale è ripartita fra 353 sale in due piani, e il percorso totale di visita è lungo ben ventiquattro chilometri! Affascinanti e “vive” le sculture del Canova.
Non solo quadri e opere d’arte meritano la visita, ma anche tutti gli arredi, gli affreschi, la tomba di Aleksandr Nevskij, principe di Novgorod e condottiero del Medioevo (e poi santificato) che sconfisse gli Svedesi in un’epica battaglia sulla superficie ghiacciata del lago di Ciudi (o lago Pejpus) il 5 aprile 1242 (e come non ricordare le splendide immagini della battaglia sul lago ghiacciato nel film omonimo di Ejženstein?); e poi le pareti, i soffitti e i pavimenti, persino le maniglie… tutto è opera d’arte. Ogni tanto gettiamo uno sguardo fuori, all’esterno: la nevicata si fa più fitta e il gelo comincia a creare fantastici arabeschi di ghiaccio sulle finestre del palazzo; ora dopo ora, gli arabeschi si fanno più grandi e complessi, la neve fuori si accumula sempre più. Sembra di stare sul set del Dottor Živago!
Le ore nel frattempo passano, e fuori la bufera di neve non accenna a smettere. Ci si trova a contemplare un Caravaggio e , qualche finestra più in là, il turbinio della neve all’esterno mentre scende copiosa. Qualche sala dopo, un Rembrandt, e dalla finestra adiacente, i giochi circolari di due spazzaneve mentre si rincorrono in archi sempre più ampi.
Dopo otto ore, decidiamo di averne abbastanza: le ore passate in piedi ed i chilometri affrontati, sono comunque sufficienti a martoriare le nostre schiene. Il museo è davvero splendido e meriterebbe una visita di più giorni per gustarsi ogni singola sala con comodo; dobbiamo però rilevare tre note negative: la prima è che scarseggiano poltroncine o divanetti dove far riposare un po’ gambe e schiene e per poter ammirare in tutta tranquillità quei capolavori che hanno bisogno di un po’ più di contemplazione; la seconda è che le sale sono troppo buie, specialmente quelle dei pittori fiamminghi, le cui tele sono spesso sistemate in angusti corridoi; si può comprendere che la luce possa rovinare le tele, ma a fronte di tele già scure di loro… la terza è che qui non ci hanno dato i copri scarpe. Possiamo immaginare che ci vorrebbero quantità industriali per i numerosi visitatori invernali, ma secondo noi non è giusto imbrattare tutto il primo piano con la fanghiglia portata da fuori…
Alle 18.00, dopo aver fatto scorpacciata dei capolavori di Leonardo, Tiziano, Raffaello, Matisse, Gauguin e Picasso, con ancora negli occhi le immagini (buie) delle armature dei samurai, sfiniti, lasciamo il palazzo, ma l’uscita è altrettanto spettacolare. Una vera e propria bufera di neve con tutti i crismi ci investe in pieno. La gioia di provare dal vivo questo spettacolo inatteso, proprio nel posto che noi amiamo, e nella stagione da noi voluta, è impagabile! Dalla contentezza, iniziamo persino a non sentire più il freddo. Fame però si! Raffica di foto, nella adiacente piazza del Palazzo tutta imbiancata, foto ovviamente accanto la colonna di Alessandro I, il più grande monolito del mondo moderno in granito rosa, alto oltre 47 metri, e a cercar di intravedere la webcam posizionata sopra il palazzo d’Inverno. Decidiamo di fare ancora due passi prima di andare a cena, così da salutare questa bellissima città. Stasera poi, sarà l’ultima trascorsa a SPB, e ci sentiamo abbastanza tristi. Automaticamente, ci ritroviamo nella (inusuale) poco popolata Nevskij Prospekt, è tutto imbiancato e carico di magia, la neve rende tutto più ovattato e persino il traffico viene attutito. Ma una cosa si nota eccome, il silenzio degli automobilisti! Non ho avvertito gente che strombazza, che inchioda davanti a un passante che attraversa la strada, che lo maledice, piloti furbacchioni che s’intraversano con l’auto in prossimità degli incroci, complice il manto stradale sdrucciolevole. Ho notato invece molto rispetto verso il prossimo. Dettaglio che fortunatamente si nota subito.
Superiamo in pochi minuti il fiume Mojka e ci dirigiamo in direzione est, sempre lungo la via principale. Arriviamo così sul fiume Fontanka, dove sul ponte fotografiamo i quattro domatori di cavalli. A quel punto, decidiamo che, tra il freddo e la fame, vince la seconda, e attraversando la strada decidiamo di tornare lentamente indietro. Inaspettatamente, ci troviamo proprio al n. 47 di Nevskij Prospekt, proprio sotto alla webcam che guardavamo da casa! Oltrepassiamo i (davvero) grandi magazzini Gostinij Dvor, ma non possiamo non fermarci davanti a un piccolo mercatino natalizio. Ci mescoliamo fra la gente davanti a delle bancarelle che la nevicata rende irresistibili! Ancora un ricordino e cerchiamo un ristorante dove scaldarci e soprattutto metter qualcosa di caldo nello stomaco. Cerchiamo qualcosa di particolare e molto russo, è Natale, è la nostra ultima serata a “Piter” e vorremmo qualcosa di speciale. Ne scartiamo diversi, fino a quando capitiamo in una specie di corte tra due basse costruzioni: una è una specie di caffè, l’altra propone un’insegna che dice “Russian Empire”; è in una posizione seminascosta e con un’entrata che non dice un granché; entriamo di botto, e ci scrolliamo la neve di dosso, sotto lo sguardo attento del guardarobiere in alta livrea… Ci sentiamo un po’ Fantozzi, quando gli lasciamo i giubbotti, sciarpe, guanti e berretti pieni di neve. Una rapida occhiata intorno, e ci guardiamo immediatamente negli occhi Laura ed io; capiamo che siamo finiti in un ristorante che alla fine ci presenterà sicuramente un conto di almeno tre cifre. Ma ormai che fare? Siamo entrati e siamo senza giubbotti, che figura faremmo chiedendoli indietro, facendo le nostre scuse nell’aver sbagliato ristorante? Dai, ormai siamo in ballo e tanto vale ballare. In fin dei conti è la sera di Natale, no? Ci chiedono se vogliamo esser serviti nella “sala verde” o nella “sala rossa”, scegliamo la seconda, e da quel preciso momento, saremo perennemente circondati da un cameriere molto solerte, che ad ogni sorso di vino rosso italiano, si prodigherà di riempirci il bicchiere. Ci guardiamo attorno, e sembra di stare nell’Ermitage, le due sale sono decorate con sfarzo e opulenza, da vero impero. Stasera siamo i soli clienti. Ci coccolano con assaggini, antipasti fantasiosi, primi ricercati, filetti di cervo alla Stroganov, il tutto condito da un ottimo Chianti da 100 euro, con finale di vodka doppia servita in un piccolo corno d’argento a tre piedini. Il conto alla fine, risulterà il più caro mai pagato in vita mia! Ma per una volta, forse vale la pena di esser serviti e riveriti… da zar! Più tardi, verremo a sapere che abbiamo cenato nel ristorante più caro di tutta la Russia!!

Mercoledì 26: Giorno della partenza! Ci alziamo un po’ svogliati perché la pur breve parentesi natalizia sta volgendo al termine. Facciamo colazione con calma, ci guardiamo attorno per ricordare ogni più piccolo dettaglio e stamparlo nella nostra mente. Acquistiamo gli ultimi regalini, nel negozietto interno all’hotel. Chiudiamo le valige, e puntuali alle 11.00 siamo pronti nella hall ad aspettare il nostro autista che ci riaccompagnerà all’aeroporto. Ripercorriamo la lunga strada dell’andata, la Moskovskij prospekt, e in macchina, rimaniamo in silenzio a guardare fuori dai finestrini congelati, gli ultimi scorci di questa bellissima città, che ci ha regalato una forte emozione. Dopo quasi quaranta minuti di tragitto, siamo depositati nuovamente davanti all’entrata di Pulkovo 2, congediamo il nostro autista, Andrej, che con un gran sorriso ci ringrazia rigorosamente in russo. Partiremo alla volta di Francoforte alle 15.25 per poi prendere la coincidenza per Venezia alle 16.20. Nel cielo sopra l’Austria, di un irreale indaco scuro, ci troveremo a viaggiare contemporaneamente col sole da una parte e la luna dall’altra, ambedue a rischiarare le splendide vette innevate del Tirolo.
Atterreremo senza grossi entusiasmi, puntuali alle 17.40 al “Marco Polo”. Poi il tragitto fino a casa, non farà assolutamente più storia. Il nostro primo viaggio in aereo verso est termina qui. Ma, a differenza del primo raid in Russia, stavolta ci saranno centinaia e centinaia di fotografie a testimoniare il nostro viaggio, tanto desiderato. Che cosa ci ha stupito di più? Il grande freddo o il buio, praticamente perenne? La meraviglia della città o la magia dell’inverno russo? E vogliamo aggiungere, tutta una marea di ricordi, emozioni e aneddoti che questo paese straordinario ci lascia nel cuore?
Non sappiamo scegliere! Viaggiare in aereo è comodo e veloce e, spesso, l’unica soluzione. Ma l’intensa emozione che nel 2008 ci ha dato il viaggio in macchina, a macinare tappa dopo tappa per arrivare fino in Russia, fino in Siberia, è, e resterà, indelebile. In cuor nostro, speriamo di riuscire a compiere nuovamente l’impresa. Ormai abbiamo il mal di Russia, e per questo non ci sono vaccini… Alla prossima!



5 commenti:

Artur (aka "Russoturista") ha detto...

Grandi!.... No... GRANDI!!!!! Finalmente ho letto questo diario. Nonostante sono filo russo, resto sempre stupito dei vostri emozioni affetti con cui parlate della Russia... Spero veramente, che ancora qualche volta riusciremo fare qualche avventura insieme, scoprendo profondamente questa terra grande, bella e misteriosa, ogni volta diversa, me sempre più famigliare...
Artur "aka" "Russoturista"

Anonimo ha detto...

Questa sera ho voglia di isolarmi. Le feste sono troppo pesanti e immaginare un viaggio nel buio del Nord mi fa stare meglio. La splendida San Pietroburgo è stata ferita da un criminale attentato. Nessuno ne parla. Il popolo russo non interessa a nessuno. Il proverbio "V chuzhoy monastyr' so svoim ustavom ne khodyat " (Nel monastero altrui non si va con le proprie leggi) mi fa ben sperare. Putin proteggerà la sua gente. Buon Anno a loro, buon anno a noi.

max ha detto...

L’isolamento, spesso, diventa una necessità. L’aveva ben capito quel Grande Vecchio di Solženitsin quando affermava che: “La civiltà del frastuono ci ha completamente privati di una vita interiore raccolta”. Buio e silenzio: un’accoppiata che a molti spaventa, ma a chi ricerca una pausa dal “logorio della vita moderna” diventa quasi indispensabile. SPB l’abbiamo vista nel suo abito più misterioso e suggestivo e noi col nostro piccolo blog cerchiamo di portare un modesto contributo alla conoscenza del popolo e della meravigliosa terra russa. Il proverbio che citi attinge alla loro profondissima e radicatissima fede cristiana. Siamo fiduciosi anche noi per il prossimo futuro: è proprio nella Grande Madre Russia che si erge la “terza Roma”: “ex oriente lux” dicevano nel Medioevo. Ne siamo convinti anche noi che la luce che rischiarerà questi tempi bui verrà proprio da Putin e dalla sua gente. Buon anno alla Russia, e con tutto il cuore buon anno a te e grazie per averci visitato!

Barbara ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
max ha detto...

Le tenebre hanno da sempre spaventato gli uomini fin da quanto sono comparsi sulla terra. E’ una paura atavica, dettata soprattutto dalla sopravvivenza. Porta paura e timore nelle persone più insicure. Le associamo, anche senza volere, al maligno. Sicuramente non siamo a nostro agio al buio. Eppure siamo nati nell’oscurità, e per nove mesi, non abbiamo mai percepito la luce. Oggi invece ci spaventa. Qualcun altro invece lo trova affascinante. Noi, la prima volta che lo abbiamo affrontato in macchina, ci ha catturato, lo abbiamo inseguito per quasi tutto il viaggio e ci ha fatto compagnia. Ci ha avvolto e ci ha regalato una pur lieve aurora boreale. In poche parole, ci ha stregati! Forse il fatto di provenire da un paese pieno di sole e poi provare a vivere un paio di settimane in queste condizioni crea una magia unica, e noi ne siamo stati protagonisti. La magia del Grande Nord!
Takk!